Ludus in fabula by Comastri Montanari Danila

Ludus in fabula by Comastri Montanari Danila

autore:Comastri Montanari, Danila [Comastri Montanari, Danila]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Nono giorno

SUBURRA, COVO DELLA BANDA GALLICA

I. Dove si entra nella tana del lupo

Era già il tramonto quando Aurelio giunse al portone dell’insula al cui terzo piano Meticanio Meticone trattava i suoi affari, in un modesto cenacolo che ben poco lasciava trapelare della consistenza di certe operazioni da lui condotte.

«Fermo, di qui non si passa!» lo arrestarono non appena ebbe imboccato le scale due giovanissimi sorveglianti abbigliati con due ridicole bracae lunghe, che rispondevano ai nomi di Geronimo e Cintullo.

«Devo parlare con Meticanio Meticone. Annunciami, ragazzino: mi riceverà!» affermò il patrizio in un tono non esente da parecchia alterigia.

Dopo una breve esitazione, Cintullo andò a prendere ordini e immediatamente il patrizio venne portato al cospetto del capo della banda Gallica.

Meticanio era basso di statura e tuttavia tosto e compatto, con il torace scolpito e le braccia muscolose senza un filo di grasso, che ovviavano alla carenza di slancio delle gambe molto meno robuste. I capelli – folti, ispidi e corti come le setole di una spazzola – erano dello stesso grigio ferro che assume il mare quando minaccia tempesta, e identica pareva la sfumatura degli occhi, eccezionalmente gelidi al di là del finto sorriso di circostanza.

Aurelio, considerando l’incontro con Comago e Nonno, nonché le informazioni che gli erano pervenute, si chiese se fosse vero ciò che si mormorava di lui: che usasse la sua banda di sgangherati ladruncoli come mera copertura per interessi molto più vasti di quello che lasciava intendere l’ufficietto striminzito. Che i suoi affari insomma si allargassero ben oltre i vicoli della Suburra in una rete di tangenti, protezioni e usure tesa ad avvincere con i suoi tentacoli di piovra collegi professionali, corporazioni dei costruttori, di facchini, di manovratori delle immense grandi cicogne per lo scarico e carico merci di Ostia. In breve, che l’astuto Meticanio camuffasse con alcuni crimini di poco conto quelli veri e grossi di cui nemmeno i membri della banda erano al corrente.

«Ave, Publio Aurelio, quale onore!» Altri illustri senatori avevano salito le sue umili scale, pensava Meticanio con legittimo orgoglio, ma mai a viso scoperto, sempre di soppiatto. Perché mai allora quello Stazio gli faceva visita pubblicamente? «A che devo la visita di un padre coscritto nel mio modesto alloggio?» chiese facendogli segno di accomodarsi nella cathedra accanto alla sua, mentre ordinava di portare da bere.

Aurelio sedette, ben certo di non essere né il primo né l’ultimo magistrato a trovarsi in quella stanza davanti al capo della banda Gallica, con la differenza che lui non era lì a impetrare protezione in vista di affari indubbiamente loschi.

Poco dopo comparve, con una brocca di cervesia ghiacciata in mano, la splendida Viridia, che guardò l’ospite di sottecchi, quasi chiedendosi se avesse puntato sul cavallo giusto.

«Dicono che tu abbia un certo gusto per la nostra bevanda barbarica, senatore» disse il capobanda mentre levava il nappo in un brindisi augurale. «Dunque che posso fare per te?»

«Vorrei notizie di un bambinetto, un certo Criso, che forse lavorava alle tue dipendenze, o intendeva farlo.»

«Ti stupirà, ma sono tanti i giovani



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